domenica 11 aprile 2010

LA RADIO - GIOVANNI MARIA PEDRANI (41)

“Ed ora un capolavoro degli U2 per i nostri radioascoltatori. Siete sintonizzati su Radio Four Dimension, ed anche stanotte vi faremo compagnia con i nostri classici senza tempo.”

L’automobile stava correndo lungo quella strada isolata. Una lingua d’asfalto ritagliata in un bosco, e costeggiata da alberi che l’inverno rigido sembrava aver reso ancora più alti e spettrali.
Alla guida c’era Paul Stevens, un giornalista sportivo che stava tornando dalla finale di basket provinciale. La vittoria della squadra di casa era stata fin troppo prevedibile. Doveva essere la classe ’89 locale contro i coetanei della città vicina, ma a giudicare dalla superiorità non solo fisica, si sarebbe detto un ineguale incontro tra adolescenti e bambini. Aveva già abbozzato un trafiletto, dagli appunti che aveva sul suo taccuino, ma a casa avrebbe completato il tutto.
Quando era ragazzo era stato anche lui nella zona per un torneo. Non era stato un bravo atleta ma la soddisfazione del gioco di squadra non si dimentica. Rivedere la cittadina era stato un po’ come ritrovare se stesso.
Che ricordi per Paul quella canzone: “When the streets have no name … When the streets have no name…” intonava, insieme a Bono Vox. Gli sembrava di essere tornato in Irlanda, quando era stato mandato dal suo giornale per un servizio sugli attentati compiuti dall’Ira. Per lui era diventata quasi una vacanza integrarsi in quella cultura. Ed ora giornalista sportivo per una tranquilla rivista. Chissà, che cosa era meglio?
Erano le due e mezza passate e quella strada nella foresta sembrava non terminare mai. Un lungo rettilineo, fatto a volte di dossi e cunette, ma che agli occhi assonnati di un solitario viaggiatore, ricordava la navata centrale di una cattedrale alberata. La neve caduta qualche giorno prima e che ormai si stava sciogliendo, rendeva quell’effetto marmoreo di millenaria imponenza e austerità.
La radio fece le bizze. Una interferenza interruppe il programma: “… trasmissioni. Un aggiornamento… bzzzz …. bzzzz … Efferato delitto!”
La canzone riprese. Paul Stevens rallentò!
Nulla! La voce non si sentiva più.
Cambiò canale ma non c’erano radio giornali. L’unica stazione che si sentiva bene, in quella zona sembrava essere proprio quella che trasmetteva gli U2.
Percorse ancora qualche chilometro e la voce non si fece attendere: “… i resti sono sparsi per tutto il locale. Gli inquirenti appena giunti sul posto non riescono a capire … bzzz”.
Paul stava già per correggere la sintonia quando il tono si fece più nitido: “E’ Matt Donegan che vi parla dai microfoni di … bzzz … qui a Blue Spring non si era mai visto nulla di simile. Erano più di vent’anni che non veniva registrato un fatto di cronaca nera così macabro! … bzzz … Il locale, il Black Demon, rinomato ritrovo dei ragazzi della zona, questa notte è stato teatro di uno dei più terribili … bzzzz”. Questa volta Bono Vox riprese definitivamente con “I still haven’t found what I’m looking for”.
– Blue Spring è questa! – disse Paul ad alta voce.
Black Demon era quel bar dove venticinque anni prima era andato a festeggiare la vittoria della sua ultima partita di football, prima dell’infortunio. E se non ricordava male non doveva essere più lontana di tre o quattro chilometri!
Accelerò cercando la stradina. Doveva essere sulla destra! Un viottolo stretto in terra battuta. Sì, non doveva essere molto lontano!
Il Black Demon! Incredibile! La curiosità giornalistica mista ai ricordi lo animava verso quel luogo che faceva parte di una memoria così remota e profonda, da sembrare la vita di un altro. Anche Matt Donegan non era un nome nuovo. Un collega giornalista della radio?
Imboccò la via quando vide il cartello scrostato del vecchio locale. Era una continua serie di buche che facevano sobbalzare la macchina. I fari sollevavano ed abbassavano ombre irreali lungo il suo tragitto e quella nebbia sembrava il respiro tormentato di una notte assassina.
Una radice di un albero era grande come la gamba di un uomo. Per non centrarla fu costretto ad aggirarla andando in prima. Che razza di posto! Certe volte le foglie secche nascondevano i trabocchetti più impensati e più di una volta temette di aver rotto la coppa dell’olio affondando in buche di fango.
La strada si aprì in una radura. Un edificio in parte in legno, diroccato e consumato dal tempo riposava avvolto da arbusti e sterpaglie. Completamente deserto!
– Ma dove sono tutti – si chiese Paul.
Scese dall’auto lasciando il motore acceso. Girò su se stesso più di una volta per cercare di riconoscere il posto. Era sorpreso, stupito, gli sembrava di sognare. Una volta c’era un parcheggio davanti e poi un chiosco. No, non doveva essere questo il posto. Si doveva essere sbagliato. Fu subito smentito dall’insegna scolorita “Black demon” con accanto lo stemma di un diavolo nero. Ora quel demone scuro con gli occhi rossi gli sembrava più vivo che mai!
Si avviò sulla soglia del locale. Aprì la porta e vi entrò. Cercò una luce.
Era tutto disfatto in quella desolazione, ma era facile riconoscere come doveva essere un tempo. Sulla destra il bar. Sulla sinistra tutti i tavoli ed in fondo il palco dove erano soliti cantare i giovani complessi.
Si avviò verso il bancone scrostato dal tempo. Sopra il tavolo vi trovò un giornale che sembrava intatto. Era il gazzettino della zona. La data era di venticinque anni prima. In prima pagina c’era una foto. Dapprima sembrò non capire, ma poi riconobbe quel volto!
Il titolo recava la scritta: “Matt Donegan, popolare giornalista sportivo, ucciso da un gruppo di ubriachi al Black Demon!”
Si chinò sul foglio per leggere meglio, ma vide che degli schizzi di sangue stavano macchiando la foto. Si guardò il ventre. Il sangue era il suo! Qualcuno alle spalle l’aveva trafitto penetrandogli tutto il corpo. Si piegò e cadde sul pavimento. Nella velata trasparenza degli occhi della morte, vide di nuovo quel volto! Per l’ultima volta!
La radio in macchina aveva ripreso a cantare “When the streets have no name…bzzz è Paul Stevens che vi parla. Erano venticinque anni che a Blue Spring non si consumava un così feroce assassinio … palcoscenico della morte il Black Demon!”

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